Il lavoro con Loghya ha aiutato me e il mio team a ritrovare una armonia lavorativa che non riuscivamo a far emergere a causa di comportamenti consolidati e schemi ripetitivi che aggravavano la situazione in maniera difficilmente sostenibile.
Sono bastate poche sessioni a far cambiare radicalmente la situazione, in un modo condiviso nel team che non avrei mai pensato possibile. Il clima adesso è completamente diverso, è tornata la collaborazione e il dialogo sereno anche nei momenti di forte stress e alto carico di lavoro. Sono finite le discussioni e una produttività prima irraggiungibile ha reso tutti consapevoli dei limiti del passato. La Padronanza Personale Integrata analizza e affronta col suo metodo le dinamiche del gruppo, riconoscendo e pescando una ad una nel sorgere le fasi critiche che bloccano i processi all’interno del team. A mio avviso non ci sono corsi individuali, e ne ho frequentati tanti, che possono avere questa efficacia.
Si è trattato di un lavoro in profondità che, grazie al costante e focalizzato stimolo dei facilitatori, mi ha consentito di portare luce sulle forze in gioco nei momenti critici, riportandomi in una posizione centrale rispetto agli eventi.
La nostra capacità di fare squadra ci consente oggi di relazionarci in modo più integrato con tutte le altre funzioni..
Il percorso di padronanza personale mi ha permesso di imparare a definire meglio, e d eventualmente a rinegoziare, il perimetro del mio spazio di azione, delle mie responsabilità, delle mie priorità. Ho imparato a disgiungere l’impegno su un progetto o un’iniziativa dal suo esito, rispetto ad elementi che non sono nel mio controllo. In definitiva, a non subire frustrazioni mal riposte ed inutili.
La padronanza personale aiuta a fare luce su elementi che impattano sul processo decisionale e sulle proprie motivazioni che, senza questa ottica, restano in ombra.
Questi elementi diventano poi fondamentali anche nella gestione dei collaboratori. In particolare per me, a non esondare in responsabilità che non mi competono come capo, lasciando spazi di autonomia decisionale e assunzione di responsabilità.
Si impara a gestire il proprio spazio interiore, si acquisisce consapevolezza dei propri punti di forza e dei propri limiti, da cui un’ apertura realistica verso i collaboratori, lasciando loro il giusto spazio decisionale, controllando i risultati e guidando le iniziative. Questo ha significato per me esercitare veramente la delega, applicandomi in attività meno operative e imparando a fare spazio alle idee altrui e supportarle.
Il modo di lavorare cambia, le iniziative sono guidate, le aspettative diventano realistiche. Da tutto questo discende una maggiore serenità di azione.
Durante il mio percorso di Padronanza Personale mi sono trovato, non appena ho iniziato a ricoprire il ruolo di DG, la sfida di gestire un dirigente con un atteggiamento e dei comportamenti di chiusura pesantemente conflittuali verso le figure esterne alla propria area organizzativa e nel contempo di stretto controllo verso i propri collaboratori.
Grazie alla visione “sistemica” che la PPI permette, ho costruito delle chiavi di lettura nuove, possibili solo con la comprensione empatica. Ho innanzitutto disatteso qualsiasi azione o intenzione di azione che potesse essere letta come ritorsiva, che forse era proprio quanto il dirigente si attendeva.
Nei successivi incontri con lui, utilizzando anche il potenziale presente nelle mie e nelle sue emozioni, ho riconosciuto la persona e le sue ragioni dietro ai comportamenti disfunzionali. Grazie all’apertura di questo canale, da quel momento la comunicazione è fluita direttamente, senza imbarazzi, senza manipolazioni. Sollevando il problema, mi sono presentato disarmato, pronto ad un percorso. Ci siamo proposti di cambiare la situazione ma di stare anche bene personalmente, di essere sereni quando ci si incontra. Questo senza sottovalutare, anzi, le cose da fare.
Oggi lo incontro volentieri, senza mal di pancia e gli ho delegato importanti progetti avendo piena fiducia e puntuale rendicontazione.
Dopo questo processo,la PPI è diventata per me una postura manageriale, uno stile. Da quando ho preso il ruolo di DG, il clima aziendale è profondamente cambiato ed è molto più produttivo. Posso pianificare la gestione e la crescita di altre risorse umane in maniera più efficiente e trasversale, offrendo più opportunità di crescita. Posso dire serenamente dei no, senza effetti ritorsivi o “musi lunghi”.
Posso contare su punti di vista e proposte non filtrate da “vecchie logiche” della banca e ho quindi arricchito la mia capacità di vision. Il Comitato di Direzione funziona decisamente meglio ed è diventato molto più propositivo. Posso dedicare energie prima assorbite dai conflitti a pensieri, letture, osservazioni, e alla sera sono mediamente meno affaticato.
Il percorso che ho intrapreso con Loghya è un elemento portante del mio sviluppo personale e professionale, perché mi ha fornito degli strumenti molto pratici ed efficaci per comprendere in profondità molte situazioni e dinamiche relazionali e organizzative.
Si è trattato di un lavoro in profondità che, grazie al costante e focalizzato stimolo di Cesare, mi ha consentito di portare luce sulle forze in gioco nei momenti critici, riportandomi in una posizione centrale rispetto agli eventi.
Quelli che fino ad ora erano per me ostacoli vissuti con fastidio, sono diventati opportunità per sviluppare la mia Padronanza Personale, e quindi per agire con più consapevolezza e chiarezza. In primo luogo per me, di conseguenza spesso anche per gli altri.
Da questa pratica è scaturito un senso di ownership che mi ha portato spesso a trasformare radicalmente la mia visione dei fatti.
Le situazioni esterne mi stimolano a migliorarmi, in un processo di apprendimento che a sua volta mi porta a contribuire con maggiore efficacia ed autorevolezza, in un circolo sempre più virtuoso.
Questa esperienza mi ha inoltre consentito di attraversare grandi e non sempre facili positivi cambiamenti organizzativi, trovando spazi e risorse per vivere con positività , propositività , creatività ed efficacia situazioni che in tempi diversi mi avrebbero portato a sentirmi invece depotenziato ed in balia degli eventi.
Il beneficio maggiore che ho tratto da questo approccio sta in questo senso di centratura, di connessione da cui ho tratto maggiore energia e pienezza nelle relazioni con gli altri.
Ogni giorno ci sono dei cambiamenti: la grande sfida è come li affronto, cioè la mia capacità di adattarmi al cambiamento. Da questo punto di vista il windsurf è ciò che si avvicina di più alla pratica della disciplina della PPI.
Grazie a questo percorso sono riuscito a trovare un equilibrio professionale che mi fa vivere decisamente meglio. La pressione interna (quella che aggiungo, spesso inutilmente, io) rispetto alla pressione esterna aziendale si è stabilizzata. Vivere più serenamente le sfide mi permette di vedere le cose con più distacco ma, paradossalmente, con maggior entusiasmo. Gestisco molto meglio le priorità e sono più sereno nelle relazioni. Il percorso mi è stato ed è molto utile soprattutto nella gestione dei rapporti, sia di gruppo che one-to-one. Mi capita molto spesso di promuovere degli incontri interni e la preparazione della mappa e della bussola relazionale in questi momenti è diventata centrale. Mi chiedo sempre: perché sto impegnando il mio tempo e quello del team? Qual è lo scopo? Cosa ci serve per raggiungerlo?
La dichiarazione dell’obiettivo, l’ascolto e la raccolta estesa e completa delle idee che si traducono in un piano operativo è un passo fondamentale, che non dò più per scontato. Riesce sempre? No, a volte esco dalla riunione non completamente soddisfatto. Allora utilizzo altre domande per rielaborare l’esperienza e vedere meglio quello che non ho visto. Ciò che in assoluto più mi gratifica quando finisco una riunione è vedere le persone uscire con la consapevolezza di sapere bene cosa fare e di essere completamente on board.
Nel mio ruolo di Presidente è cambiato soprattutto ll mio approccio:
sempre più spesso ascolto empaticamente senza lasciarmi condizionare dai pregiudizi; ho imparato a cogliere le opportunità di apprendimento quando le cose non vanno secondo le mie aspettative; riesco a dare feedback più oggettivi e non giudicanti e a vivere lo scopo profondo per cui lavoro, trasmettendolo in modo autentico ai collaboratori.
Ho una visione chiara che mi guida e quindi riesco ad essere più assertiva ed inclusiva nei progetti comuni. Ho maggior chiarezza sullo stile di leadership dei miei collaboratori e sull’energia che li muove verso la realizzazione dei progetti, combinando così meglio competenze e ruoli all’interno dei progetti.
La trasparenza e l’autenticità generano altra trasparenza ed autenticità; questo modo di “dare l’esempio” genera relazioni più vere, più sincere, in cui il mio ego è messo un pò da parte. Aumenta il benessere in azienda, i progetti marciano più rapidamente, le procedure si snelliscono di fatto, l’azienda rispetta meglio il budget.
Per descrivere il mio percorso, mi vengono in mente di getto due fotogrammi:
In un momento di difficoltà durante una negoziazione sindacale ho sentito chiaramente la spinta derivante dal desiderio di “vincere” su un avversario, che mi stava portando a dire frasi o assumere atteggiamenti forzanti e manipolativi.
La rievocazione degli insegnamenti di Padronanza Personale mi ha consentito di fermarmi e di ascoltare i miei bisogni. Ho compreso che stavo agendo spinto prevalentemente dall’esigenza di affermarmi sui miei interlocutori. E che la controparte sindacale si stava muovendo con una spinta simile alla mia! Allora mi sono detto: “anche se non troviamo un accordo subito a me va bene lo stesso, ho fiducia che l’accordo lo troverò, in futuro, in qualche maniera”. A quel punto sono riuscito ad esprimere al sindacato le mie richieste in modo aperto e diretto: chiudere la negoziazione (esigenza di efficacia) e rimanere all’interno di una cifra economica che mi consentiva di tenere il rischio sotto controllo. In quel momento è come se alcuni elementi che mi giocavano contro fossero passati a giocare con me. Il sindacato si è aperto a sua volta e la negoziazione è andata bene. Ero consapevole che avrebbe potuto andare mille in modi differenti, ma avevo creato la fiducia di potercela fare.
Un collaboratore mi riporta un suo conflitto con un’altra persona. Io riporto l’attenzione sul nostro cliente e le sue esigenze. Quando l’attenzione torna sullo scopo, iniziamo a immaginare soluzioni nuove e i conflitti si sciolgono. Il giorno dopo un collega, presente durante la discussione, mi ha detto: “Ma cosa è successo ieri a ….? Lo conosco da 10 anni e non l’ho mai sentito proporre soluzioni del genere”.
Questo feedback mi ha fatto pensare che probabilmente il mio collaboratore era stato in grado di attivarsi in un modo nuovo. Ho pensato che anch’io c’entravo con questa cosa e ho realizzato che la presenza in noi di una parte giudicante ci limita, e dare empatia stimoli la ricerca di chiarezza dei propri bisogni, che questa chiarezza possa rifocalizzare energia vitale sul vero ostacolo, potesse abilitare pensieri nuovi, soluzioni nuove, atteggiamenti nuovi, clienti probabilmente più soddisfatti (e quindi + business!). Il tutto in un maniera inaspettata.
Ho pensato anche che quando riesco a mettere da parte il mio ego, paradossalmente accadono meglio e in misura maggiore le cose che auspico. Solo che accadono in momenti che non mi aspetto e in modi che non ho minimamente previsto. Ed è come la differenza tra pedalare in salita e scorrere in discesa.
Ho iniziato il mio percorso in un momento in cui dovevo prendere una decisione importante sul mio futuro professionale. Grazie alla Padronanza Personale Integrata ho compreso che ogni decisione importante si rende necessaria al momento giusto. Il mio compito e’ di non affrettare per chiudere, rimanere perfettamente consapevole, pazientemente in attesa, aperta a ogni possibilità per decidere al momento giusto.
Un altro elemento importante che fa parte del mio percorso è la mia personalissima sperimentazione del concetto di “esame della realtà”. Una premessa: negli anni ho permesso alla cultura della conquista (e della performance a tutti i costi?) di plagiarmi, mi sono costruita una rappresentazione del mondo in cui qualsiasi cosa dipende esclusivamente da me: mercati conquistati, clienti conquistati, clienti delusi, negoziazioni buone o cattive, risultati importanti, situazioni ribaltate (sia in meglio che in peggio), ecc.
Dal momento in cui questo seme (lo sguardo della PPI) si e’ radicato in me ho iniziato a guardare alle cose in modo diverso. La prima idea che ho esaminato (interiorizzato?) è che esiste una buona parte della realtà indipendente da me e dalla forza che io ci metto per cambiarla.
E questa realtà altro non è che un insieme di organizzazioni, di persone, di abitudini strutturate, di modi consolidati di guardare alle cose e alle istituzioni. Quando non metto a fuoco consapevolmente questo (apparentemente) semplice fatto soffro dei risultati che non arrivavano secondo le mie aspettative. Non realizzo che in quel momento nessuno dei miei capi mi fa pressione, ne’ mi fa sentire inadeguata. Al contrario magari mi incoraggiano e mi sostengono.
Nella cecità autoreferenziale del paradigma in cui i risultati dipendono esclusivamente da me accumulo tensione, diffidenza e insofferenza, idee ripetitive, giudizi esacerbati.
Quando mi ricentro nelle mie effettive possibilità, riprendo a vedere. Con l’esame di realtà acquisisco la consapevolezza dei fenomeni e delle forze in gioco. Non che prima li ignorassi…pensavo semplicemente che bastasse la mia forza di volontà e la mia bravura per sovvertire l’ordine costituito.
L’autostima si riassesta, le rigidità si sciolgono, il giudizio esce di scena e mi preparo.
Un esempio recente: presento il piano delle vendite. Al termine il mio capo fa un intervento che consacra esattamente i miei apprendimenti e mi dice: “rimani lucida e i risultati arriveranno.” L’esame di realtà che ho impiegato tempo e sofferenza a fare mi ritorna indietro con semplicità e chiarezza da chi ce lo aveva già chiaro. Con la chiarezza e la liberazione dall’ansia della performance posso rimanere perfettamente consapevole, pazientemente focalizzata sulle mie azioni e contemporaneamente in attesa, aperta a ogni possibilità. Efficace e al mio meglio.
Ho individuato e riconosciuto subito gli ostacoli alla mia leadership che il percorso di Padronanza Personale mi metteva di fronte. Il primo punto su cui mi sono focalizzato è stata la gestione delle mie reazioni istintive, a partire dalle situazioni che ritenevo attacchi personali. Oggi mi sento molto più cauto e riflessivo in queste situazioni. Il risultato più grande é stato apprendere strumenti di gestione delle relazioni e delle persone concreti e usabili, grazie ai quali tutto é risultato semplice da affrontare. Oggi posso dire che sono riuscito a tradurre meglio la visione nella concretezza organizzativa.
Il percorso di sviluppo con Loghya mi ha aiutato a capire che la realtà – spesso – non è quella che sembra. Le persone con le quali innesco relazioni di contrasto fanno risuonare in realtà elementi a me molto vicini: i miei stessi difetti, sentimenti di invidia, paure…. gli altri sono me! Ho così iniziato a riconoscere alcuni dei miei comportamenti ricorrenti e le disfunzionalità che questi a volte comportano.
Mi sono accorto che, a volte, l’efficienza e l’ottimizzazione dei tempi possono diventare per me un alibi per non ascoltare profondamente l’interlocutore e per non dare spazio al suo contributo. La consapevolezza di ciò, unita alla presa di coscienza di poter condizionare in maniera rilevante la relazione, mi ha consentito di predispormi in maniera diversa, mettendo più a fuoco i miei bisogni e comprendendo contemporaneamente quelli altrui.
Oggi mi relaziono meglio con i feedback e presto maggiore attenzione all’ascolto ed alla comprensione dell’altro. Mi piace la prospettiva di poter avere ulteriori strumenti pratici per proseguire nel percorso della mia padronanza personale.
Ho imparato davanti a situazioni critiche a fare un passo indietro e a osservare con un po’ più di distanza, perché solo in questo modo è possibile accorgersi realmente di ciò che sta avvenendo.
Ho imparato ad esprimere più apertamente i miei vissuti a guardare le persone accogliendole: è contagioso anche per chi non lavora ogni giorno con me.
Ho imparato che ogni tanto continuerò a cadere nelle buche, ma sono consapevole che mi rialzerò.
Ho compreso che non posso cambiare gli altri ma la mia relazione con loro sì.
Ad ogni scontro o situazione critica e complessa parto dal presupposto che comunque c’è del “buono”.
Ho deciso di vivere in armonia nell’ambito lavorativo, partendo dal presupposto che c’è spazio per tutti e che nessuno potrà portarmi via le mie capacità.
Ho compreso che lo stare “ferma ed agire come un laser“ (focalizzata e presente) mi consente di dosare e recuperare energia.
Sto lavorando nella gestione delle priorità di vita quotidiana a non dire sempre sì subito, a prendere tempo.
Ho iniziato a usare la leggerezza, l’ascolto (quello vero e l’ascolto di me).
Ho imparato che posso ancora imparare.
Ogni mattina, prima di iniziare la giornata lavorativa, mi chiedo: cosa vuoi vivere oggi?
La parola che associo immediatamente al primo ciclo di seminari di Padronanza personale è libertà. Come Responsabile di Armani Jeans, in quel periodo ero nella fase di creazione della collezione, e ho sentito chiaramente una maggiore libertà di espressione, come se ci fosse stato uno sblocco della parte creativa. Una libertà che non mi concedevo completamente, e che poi si è manifestata positivamente in vari altre situazioni della mia vita professionale. Era tutto più fluido, vedevo più chiaramente dove volevo andare. Più consapevole di quello che volevo creare. Ho saputo guidare con maggior chiarezza anche il mio team verso la definizione finale della collezione.
In seguito ho provocato altri cambiamenti nella mia vita professionale. Dopo 10 anni in cui ero responsabile di AJ, oggi mi occupo di un’altra linea, anche in altre città e sedi lavorative. Il lavoro fatto su di me e sulla mia leadership mi ha permesso inoltre di parlare più apertamente, anche quando le idee non sembrano essere in linea con le mie.
All’inizio del mio percorso di Padronanza Personale ho visto subito quante energie usavo per tenere sotto controllo tutto, per dare risposte a tutti, per essere sempre all’altezza delle richieste che mi venivano fatte.
Oggi posso dire che ho cambiato l’atteggiamento di come affronto la realtà lavorativa (e non solo), con un approccio di maggiore apertura e di fiducia: non temo di non essere all’altezza delle richieste che ricevo, non penso di dover dare sempre delle risposte (concetto di responsabilità). Al centro della relazione metto l’ascolto, la concentrazione e la restituzione all’altro di quanto si è generato in me.
La grande scoperta è stata quella di vedere quanta potenzialità c’è nell’essere autenticamente me stessa e come il flusso della comunicazione libero dalla paura del giudizio favorisca l’espressione dell’intelligenza.
A livello professionale è cambiato il mio modo di interpretare il ruolo di responsabilità . Condivido di più con il gruppo e con le singole collaboratrici la responsabilità del lavoro, affido compiti e chiedo a loro di portarli avanti. Il riconoscimento e la fiducia che ho dato alle collaboratrici ha sviluppato il loro senso di responsabilità.